SUL TAVOLO

 



Manciate di cose inanimate

in simbiosi col bilico del buio.

Fuorviano chiaroscuri di fantasmi

appartati nel gioco di luna dirimpettaia.

Lo sguardo eccepisce

mulinelli di luce sbieca

avida riaccendere un dolore lontano

al sapore d’acri toni e ritmi.

Muta la pelle nella sera stanca

soggiogata da muffe d’abbandono

avvinghiate ancora all’anima

mentre uno stantio amuleto

scivola nell’angolo

pago d’attenzione….

@Silvia De Angelis 

Commenti

  1. Muy buenos días, comencemos con saber que todo lo que tenemos encima de una mesa tiene vida tan bien. Besos.

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  2. C'è un'eleganza ...una velata intimità lunare..emozionante Silvia✨💞

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  3. Todas esas cosas fueron nuevas, bonitas, incluso esperanzadas... el tiempo no se apiadó de ellas como tampoco lo hará de nosotros.

    Besos.

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  4. Bellissima poesia, mi da l'impressione di essere una natura morta dell'anima; gli oggetti diventano simboli di un abbandono e la luna si fa complice di una trasformazione interiore che non si vede, ma si intuisce. L'ho letto piu di una volta per coglierne i diversi livelli.
    Saluti!

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  5. Versi eccellenti, molto piaciuti. Buona giornata, Silvia.

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  6. Vincent Catania
    Molto bella

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  7. Una meravigliosa nuova poesia! La Luna, testimone silenziosa...
    Ti auguro un fine settimana pieno di gioia! 💗

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  8. Recensione alla lirica fatta dal blogger Pier Carlo Lava su suo blog Alessandria Today:
    Nel componimento “Sul tavolo” di Silvia De Angelis, ciò che appare in superficie – una semplice disposizione di oggetti inanimati – diventa il punto d’accesso a un mondo simbolico e interiore, dove il quotidiano si intreccia con il mistero della memoria e del dolore. Come spesso accade nei testi della poetessa, anche qui la realtà visibile si fa metafora, la materia si carica di emozione, e il lettore è invitato a compiere un viaggio introspettivo che parte da un dettaglio fisico per approdare all’invisibile.

    Il tavolo è scena e sacrario, dove le “manciate di cose inanimate” si mescolano al “bilico del buio”, in un gioco continuo tra presenza e assenza, tra pieno e vuoto. Le immagini si alternano tra “chiaroscuri di fantasmi” e “mulinelli di luce sbieca”, come se la memoria fosse una lanterna intermittente che accende e spegne dolori del passato. In questo scenario quasi onirico, la sera diventa complice di una pelle che muta, stanca e dominata dalle “muffe d’abbandono” che ancora stringono l’anima.

    L’elemento più potente del testo è l’amuleto stantio che scivola nell’angolo, apparentemente insignificante, ma che “pago d’attenzione” conclude il quadro con una carica simbolica potente: è il residuo del passato, è l’oggetto che catalizza la nostalgia e allo stesso tempo la chiusura di un ciclo, il silenzioso custode di quel dolore che ancora cerca luce.

    La poetica di Silvia De Angelis, limpida e stratificata, riesce ancora una volta a fondere l’immagine con l’evocazione, la visione con la sensazione. Le sue parole, pur precise e concrete, si dispongono come in una pittura espressionista, lasciando al lettore lo spazio per sentire più che comprendere, per partecipare più che interpretare.

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